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Num. 62 del 7 gennaio 2011

LA LETTERA

PIENO SOSTEGNO ALL'APPRODO DEL PDL VERSO “ I POPOLARI”

Questa nostra lettera è indirizzata a tutti quegli italiani, e sono potenzialmente tanti, che non possono non dirsi “popolari”.

Per quanto in nostro potere, sosteniamo da anni la bontà di questa cultura politica, a volte in solitudine, altre con sulle spalle la scomoda e pesante 'etichetta di intellettuali sognatori'. Il nome dato in tempi non sospetti al nostro sito, le innumerevoli pubblicazioni “apri pista” edite a cura dell' Associazione Culturale Toscana Area Bianca lo testimoniano in abbondanza (consulta la sezione “eventi” di www.areabianca.it). Lo stesso si dica per la nostra convinta partecipazione, fin dalla posa della prima pietra, al progetto dei “POPOLARI LIBERALI”, voluto da CARLO GIOVANARDI.

Ora il Presidente Berlusconi pare voler ammainare la bandiera del PDL, gloriosa e con qualche macchia, per navigare in mare ancora più aperto verso il coraggioso approdo stile europeo de “I POPOLARI”.

Noi non siamo innamorati dei nomi, specialmente se sono fine a se stessi. Noi andiamo al sodo e siamo partigiani della “sostanza”. Eppure stavolta il nome evoca qualcosa in più di una mera sigla partorita da illuminati e scaltri cultori di marketing elettorale.

E' dunque nostra intenzione, attraverso pochi punti volutamente asciutti ed essenziali, spiegare perchè dietro a “I POPOLARI” c'è una cultura politica salda, completa, storicamente vincente.

PRIMO: i valori della persona e del popolo italiano, fatto di persone e non di individui o masse indistinte, affondano le loro radici nella storia cristiana, significativa base dell'identità della nostra nazione.

SECONDO: sui valori del popolarismo e del movimento cristiano democratico, da Don Sturzo a De Gasperi, si è strutturata la migliore storia italiana, non quella ripiegata su se stessa, ma aperta alla fondazione dell' Europa unita ed alla costruzione di una pace possibile e sicura, ancorata all'alleanza occidentale,ma fautrice di un trasparente dialogo con i popoli mediterranei e costruttrice di ponti con il mondo dell' Est.

TERZO: dalla filosofia applicata del popolarismo scaturisce l'idea guida del primato della persona e delle comunità sullo Stato, con conseguenze capitali sull'assetto sociale e sulle relazioni economiche. E' il superamento sia del grande feticcio statalista che la fine dell' illusione per la quale ognuno, magari il migliore o più potente, poteva ritenersi uomo -isola. Noi siamo convinti che solidarietà non vuol dire massificazione forzata, ma legittima distinzione di merito. Allo stesso tempo il diritto dell'individuo non è un “porto franco”, ma è in ogni momento bilanciato dalla cultura del dovere. In sostanza,non c'è equità senza solidarietà, non c'è diritto senza responsabilità.

QUARTO: al riguardo è da rivendicare a pieno titolo l'eredità storica lasciata dal federalismo cattolico italiano (da Gioberti ancora a Don Sturzo). La vita civile e politica delle persone, delle comunità naturali e del popolo tutto precede sussidiariamente e fonda politicamente lo Stato, che, di conseguenza, vive per promuovere e riconoscere tali dimensioni locali. Pertanto è proprio del popolarismo conciliare in modo proficuo autonomismo, federalismo ed unità nazionale.

QUINTO: l'economia contemporanea non può essere affrontata sentimentalmente con la testa rivolta ad un passato che non c'è più. Ormai, secondo un neologismo entrato ormai nel nostro lessico, viviamo nel “glocal”, globale e locale sono due risvolti della stessa medaglia. Accanto alle vecchie povertà, sorgono quelle nuove, molte delle quali legate alle povertà professionali. La crisi, con i suoi risvolti assolutamente preoccupanti, si può vincere non subendola con rassegnazione o,peggio, combattendola con un archeologico armamentario ideologico. Noi suggeriamo solo alcuni vocaboli, dalla cui virtuosa combinazione può passare la rinascita economica del nostro paese: educazione integrale dei giovani e qualificazione tecnologica; flessibilità intelligente del lavoro accompagnata dalla tutela del lavoratore (che deve tornare al centro delle politiche economiche non come caso patologico,ma come risorsa originale da ri-professionalizzare durante tutto l'arco della vita); incremento di una filosofia della solidarietà impegnata a lavorare insieme al mercato,non in opposizione ad esso; logica della sussidiarietà tra competizione del e nel mercato globale e delle peculiarità locali...

CONCLUSIONE: per tutte queste solide ragioni, scommettere sulla cultura del popolarismo, che, proiettata su scala europea,recupera anche per il nostro Paese la logica virtuosa della competizione tra due grandi famiglie alternative (PPE vs. socialismo democratico), è insieme atto di coraggio e lungimiranza, scatto d'orgoglio che esce dalla palude del provincialismo nostrano, fondazione finale di una democrazia veramente compiuta.

Quindi, ben oltre il nome che verrà scelto, diamo il nostro pieno sostegno all'approdo del PDL verso “I POPOLARI”.

FRANCO BANCHI