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Num. 39 del 6 febbraio 2009

Focus: Il pacifismo possibile. La Chiesa e il conflitto in Medio Oriente Loggia.

Riportiamo di seguito un contributo che il settimanale della Conferenza Episcopale Toscana, Toscana Oggi, ha pubblicato lo scorso 23 Gennaio.

Colpisce che un intellettuale autorevole ed equilibrato come Ernesto Galli Della Loggia, sul tema della guerra in Palestina, possa testimoniare una incomprensione così ostinata del ruolo della Chiesa e del suo insegnamento. Il titolo del suo editoriale (Corriere della sera dell’11 gennaio) “La Chiesa e Israele / Il pacifismo impossibile” esprime bene la tesi generale, fondata su una serie di dati tutt’altro che limpidi, e che pure proviamo a sintetizzare.

Prendendo spunto da una dichiarazione del card. Martino per cui Gaza sarebbe un lager, “al di là delle ben diverse ed equilibrate espressioni adoperate invece dal Papa”, secondo GDL la situazione attuale in Medio Oriente ripropone “il tema del rapporto fra Chiesa e Israele”, fra “la storia del Cattolicesimo e l’Ebraismo in quanto tali”. Esaminandone le fasi più recenti, il mancato riconoscimento dello Stato di Israele avrebbe allineato la Santa Sede al “fronte del rifiuto” arabo-islamico; mentre “il riconoscimento di Israele ... era un gesto simbolico dovuto alla storia, alle sue ragioni supreme cui era necessario inchinarsi”. Motivi del mancato riconoscimento secondo GDL, oltre alla “antica avversione per il popolo deicida”, “la protezione delle comunità cristiane nei Paesi arabi”: scelta sbagliata e illusoria perché, “a dispetto delle scelte vaticane, infatti, quelle comunità sono andate da allora riducendosi progressivamente di numero e d’influenza fino ad essere oggi sul punto di scomparire”. Oggi, la reazione di Israele restituisce ai cristiani “la condizione di sottomissione che per secoli gli ebrei hanno dovuto subire all’interno delle società cristiane”. (Notiamo che la tesi dell’antisemitismo della Chiesa, dopo le ben note reazioni di Pio XI alle leggi razziali del ’38, sembra il primo infortunio di GDL; e sorprende che un intellettuale di fatto filoisraeliano attribuisca caratteri tanto rozzi e brutali alla politica di Israele verso i cristiani, e non senta di dovervi spendere una sola parola di critica.)

Segue quindi la tesi generale: “l’atteggiamento della Chiesa nel conflitto arabo-israeliano ... manifesta il carattere problematico delle posizioni che la Chiesa è venuta assumendo sempre di più negli ultimi anni sulla scena internazionale”. Il vero pacifismo significa “essere davvero equidistanti fra le parti o al di sopra di esse”; ma “una vera politica pacifista è in realtà impossibile per qualunque organizzazione vasta e complessa (come la Chiesa) ... perché ... implicherebbe la rinuncia di fatto a svolgere un qualunque vero ruolo politico ... per limitarsi ... ad un ruolo di esclusiva testimonianza morale”: ma “la scelta della Chiesa di Roma non sembra proprio andare in questa direzione”, e questo “per fortuna”. Ovvero: al di là delle sue dichiarazioni ufficiali, la Chiesa non avrebbe una posizione pacifista, perché pacifismo significa equidistanza fra belligeranti, mentre la Chiesa ha scelto di svolgere un ruolo politico, e di parteggiare a favore dei Palestinesi: e qui si deve purtroppo aggiungere che GDL attribuisce in pratica alle posizioni della Chiesa anche una sostanziale ipocrisia.

L’editoriale di GDL documenta anzitutto una mancata conoscenza di quale sia il punto di riferimento sulla morale cattolica, ossia il magistero dei Pontefici, dei quali GDL evidentemente non conosce o dimentica gli appelli continui in favore della pacificazione dei conflitti in tutte le regioni del pianeta, le insistenti condanne delle violazioni dei diritti umani in tutto il mondo, l’insegnamento sulla pace e il rispetto di ogni vita umana.

Quando conclude che la Chiesa, “per fortuna”, non si limita “a un ruolo di esclusiva testimonianza morale”, GDL non auspica niente di meno che la fine del principio della laicità, per cui, pur in una tensione con la politica, la Chiesa non svolge un ruolo politico, ma insegna il Vangelo e si occupa del bene della Chiesa universale e particolare: la pretesa rinuncia al principio della laicità è un’altra stonatura, visto che tale principio è parte integrante della dottrina cristiana (si veda Matteo 22).

La giustificazione dell’esistente è un altro elemento che dimostra la debolezza e insieme la brutalità dell’argomentazione di GDL: si deve rendere omaggio alle “ragioni supreme” della storia, e abbandonare la difesa delle comunità cristiane nei paesi arabi e in Israele perché ormai esigue: come se della storia si conoscessero le leggi e sulla base di questa conoscenza le si dovesse assecondare, che è uno più infausti cascami dell’idealismo e del marxismo, e che hanno generato più violenza. Posizioni del genere sono condivise anche da tanti cattolici, purtroppo anche intellettuali, la cui ostinazione a ignorare la dottrina cristiana sta a significare in sostanza – nel caso specifico - che il pacifismo della Chiesa, come sostiene GDL, è impossibile, ma anche che il cristianesimo in quanto tale è irrealizzabile, ovvero che Cristo non si è incarnato, “la Parola non è diventata carne”: e questo, come dicono Ireneo di Lione e Agostino, è il comune denominatore di tutte le eresie.

Sulla reale posizione della Chiesa circa il conflitto nella striscia di Gaza, a GDL si deve replicare che alla Chiesa interessa insegnare il Vangelo, che in questo àmbito è costituito dalla dottrina sociale: un insieme di principi di riflessione, criteri di giudizio e direttive di azione di validità universale, fondamento per l’azione dei laici, ai quali soli spetta la responsabilità delle proposte concrete; alla Chiesa spetta la denuncia morale, non giudizi particolari né proposte politiche. La guerra nasce dai diritti violati, per cui si impone il rispetto di tali diritti e dei doveri connessi; non è mai lecito coinvolgere la popolazione civile nelle operazioni di guerra: fin qui arriva la dottrina sociale, e da qui deve partire la politica, formulando un piano che riconosca a Israele il diritto all’esistenza e alla sicurezza, ai Palestinesi il diritto ad uno Stato, e da sùbito garantisca alle rispettive popolazioni civili il diritto di non essere queste colpite dalle operazioni militari: responsabilità di cui si stanno macchiando, purtroppo, tanto Israele quanto i Palestinesi.

Franco Banchi

Coordinatore regionale Popolari Liberali per il PDL

Andrea Poli

Responsabile cultura Popolari Liberali per il PDL