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Num. 25 del 12 settembre 2008

Il punto: Insediato a Firenze il Coordinamento provinciale del PDL

IL 25 OTTOBRE LA CONFERENZA PROGRAMMATICA CON I BIG NAZIONALI

Lunedì 8 Settembre si è tenuta la riunione iniziale del Coordinamento Provinciale PDL di Firenze per preparare la prima Conferenza programmatica del nuovo soggetto politico.

Alla presenza di tutti i coordinatori provinciali e di numerosi parlamentari, per i POPOLARI LIBERALI erano rappresentati dalla coordinatrice MANOLA AIAZZI, si è stabilito il percorso metodologico, si sono fissati i gruppi di lavoro e , soprattutto, stabilita la data, fissata per SABATO 25 OTTOBRE 2008.

Ben dieci le commissioni preparatorie, i cui coordinatori tematici riferiranno in Conferenza la mattina del 25 Ottobre, mentre, nel pomeriggio, è prevista una tavola rotonda conclusiva con i vari big nazionali del PDL.

Ecco i gruppi di studio: 1.Assetto istituzionale 2. Infrastrutture e mobilità 3. Ambiente e territorio 4. Sicurezza 5. Famiglia e servizi alla persona 6. Servizi pubblici locali 7. Legge speciale per Firenze 8. Attività produttive 9. Politiche giovanili e sport 10. Cultura.

La coordinatrice provinciale dei Popolari Liberali, Manola Aiazzi, avrà l’onere e onere di presiedere una delle commissioni più delicate e più vicine alla nostra sensibilità, quella relativa alla FAMIGLIA ED AI SERVIZI PER LA PERSONA.

La sintesi di questo “approccio programmatico aperto” sarà di fatto l’inizio della prossima campagna amministrativa in tutta la Provincia di Firenze e costituirà l’occasione per chiamare al confronto sia i singoli cittadini che le categorie e le associazioni presenti sul territorio. Al riguardo, saranno contestualmente insediati anche gruppi di lavoro nelle principali zone della Provincia.

Manola Aiazzi ha rimarcato con forza l’esigenza “di un impegno corale indirizzato alla vittoria e quindi determinato a governare quei Comuni che ora ci vedono all’opposizione, in particolare Firenze”.

“E’ dunque necessario – ha concluso la coordinatrice – coinvolgere anche i mondi esterni in questo straordinario sforzo, che non può essere limitato entro il perimetro del PDL”.

A breve i POPOLARI LIBERALI della Provincia si riuniranno per preparare nel migliore dei modi questo appuntamento cruciale da noi fortemente voluto.

Sui singoli temi invitiamo intanto tutte le amiche e gli amici a preparare loro contributi scritti, inviandoli a poplibpdltoscana@libero.it oppure al fax 055 2654055.


La vedetta sul tetto: QUALI LAVORATORI NEI CONSIGLI D’AMMINISTRAZIONE?

Con questo numero de IL GIORNALE SETTIMANALE parte una nuova rubrica di diritto ed economia,curata da un giovane esperto e studioso del settore. Per una politica sempre più intrecciata con fattori complessi, spesso difficile da decifrare, ci sembra opportuno fornire ai nostri dirigenti ed a tutti i lettori uno strumento utile non solo per interpretare al meglio le novità nell’ambito giuridico – economico, ma per utilizzare concretamente questa ulteriore conoscenza in campo amministrativo e politico.

Era tipico delle antiche vedette stare sulle alture o nei posti più elevati, da cui potevano vedere più lontano degli altri. Stando sul tetto speriamo di intravedere qualche interessante anticipazione che possa essere utile a chi ci segue e fa politica.

Complice la calura agostana, che tradizionalmente facilita la riflessione, ed i molti seminari, forum e feste di partito che si sono tenute prima e durante l’ estate, l’argomento della partecipazione dei lavoratori agli organi amministrativi delle imprese è lentamente tornato al centro dell’attenzione mediatica.

Il tema, che nel corso degli ultimi mesi si è arricchito di forti accenti popolustici, come strumento per mitigare gli eccessi del capitalismo finanziario, non è certo nuovo, e già nel programma del Partito Democratico del febbraio 2008 vi si faceva riferimento (“…anche prevedendo la presenza dei rappresentanti dei lavoratori nel Consiglio di Sorveglianza.”).

Il tema in oggetto si caratterizza per un contenuto fortemente tecnico-giuridico, ma come spesso accade il mondo politico lo ha ripreso in maniera piuttosto superficiale, attraverso slogan e frasi ad effetto, omettendo in particolare di indicare due elementi chiave per inquadrare il problema.

In primo luogo la generica formulazione di “lavoratori nei Consigli di Amministrazione” omette di indicare quali lavoratori debbano sedere nei Consigli di Amministrazione. La questione, che a noi sembra tuttaltro che bizantina, parte dalla constatazione dell’esistenza di un potenziale conflitto tra gli interessi della singola impresa e dei suoi dipendenti e quelli dell’intero settore di appartenenza.

In Germania, paese spesso preso a modello sul tema, detta dialettica si svolge nel Consiglio di Sorveglianza attraverso il contrasto tra i rappresentanti dei sindacati (che possono essere eletti tra persone esterne all’impresa) ed i rappresentanti dei lavoratori (che possono essere eletti solo tra i dipendenti dell’impresa). Mentre i primi perseguono logiche di categoria, i secondi sono concentrati esclusivamente sulle vicende interne alla loro impresa. Frequentemente i due gruppi hanno posizioni divergenti, in particolare sui temi relativi alla parte variabile delle retribuzioni, alla distribuzione/riallocazione geografica delle attività, ai metodi di lavoro.

In secondo luogo la maggior parte dei commentatori omette di indicare cosa questi rappresentanti debbano fare. Taluni gli attribuiscono capacità demiurgiche, altri li considerano una sorta di cane poliziotto sul comportamento dei managers, e soprattutto sul livello delle loro retribuzioni. Nella foga di fornire facili soluzioni a problemi complessi si attribuiscono a tre, cinque persone funzioni di controllo generale e onnipresente sullo svolgimento dell’attività aziendale, che ben difficilmete potranno essere svolte senza una precisa attribuzione di funzioni (alcune delle quali sono peraltro di competenza del Collegio dei Sindaci Revisori, delle Agenzie delle entrate, della Consob ed, ove necessario, della Magistratura…). Ne si capisce perché dette funzioni possano essere svolte da alcuni consiglieri solo in ragione della loro qualifica professionale e non possano essere svolte da chiunque sia eletto in un consiglio di amministrazione...

All’interno di questo dibattito è importante che come cattolici liberali, non ci facciamo trovare impreparati su un tema che coinvolge con tal forza la vita economica del paese. Dobbiamo infatti concentrare le nostra attenzione e la nostra analisi sui seguenti temi:

1) Concentrare la nostra attenzione sulle condizioni di accesso alla carica, onde evitare che il dibattito celi solo la volontà di creare l’ennesimo cimitero degli elefanti, attraverso il quale collocare ex sindacalisti ed ex amministratori pubblici in posizioni di rendita (la recente pubblicistica (tra gli altri: L’altra Casta, ed. Bompiani 2008; La Casta Ed. Rizzoli 2008) segnala che queste funzioni sono già egregiamente svolte dalle società ex municipalizzate e dalle altre holding di partecipazione pubblica…).

2) Tenere sempre presente come ogni eventuale novella dell’attuale disciplina societaria non potrà che intersecarsi con l’insieme delle relazioni industriali, rilevanza della contrattazione nazionale, possibilità di modificare a livello di singola impresa tempi e condizioni di lavoro e composizione del salario. Ovviamente prevedere detta partecipazione dei lavoratori nei Consigli di Amministrazione, lasciando immutata la possibilità di influire sull’attivitità dell’impresa, e sulle connesse dinamiche retributive, rischierebbe di trasformare i neo consiglieri in commissari del popolo, impossibilitati a svolgere ogni qualsivoglia tipo di rappresentanza delle dinamiche interne all’impresa ed ai suoi lavoratori, ma destinati semplicemente ad essere “più uguali degli altri”(George Orwell, La fattoria degli Animali) per i frequenti contatti con l’alta dirigenza aziendale (si veda sul tema lo scandalo relativo ai rappresentanti dei lavoratori della Volkswagen).

3) Concentrare la nostra attenzione sull’organicità di ogni novella della disciplina attuale, evitando che tutto venga rimandato all’autonomia statutaria delle singole imprese. Se ci deve essere una legge essa deve essere chiara e lasciare poco spazio all’autonomia privata, altrimenti si rischia di creare l’ennesima giungla, con società arcigne e società compiacenti, quest’ultime tanto più diffuse quanto più legate al mondo politico o tentate da facili baratti tra pubblica benevolenza e trattamento dei lavoratori (basti pensare alle società che operano in concessione, a quelle a controllo pubblico…).

Al mercato finanziario ed ai consumatori non serve infatti la creazione dell’ennesima anomalia italiana…

E. Buddenbrook


Focus: ANCORA VENTI DI SPAGNA, LABORATORIO DEL RELATIVISMO ETICO

La Spagna di Zapatero non si smentisce e nuovamente mette nero su bianco per avviare due procedimenti come la dolce morte ed il suicidio assistito, tra l’altro non inclusi nel programma elettorale. Una Spagna sempre più colpita dalla crisi economica (la disoccupazione ha raggiunto il 10,44%, la più alta d’Europa) che non molla la sua lotta ghibellina. Inoltre dobbiamo considerare anche l’annuncio del Ministro per l’Uguaglianza, , l’iperfemminista Bibiana Aidó, che ha promesso, entro il 2009, un provvedimento dell’esecutivo che amplierà con un quarto caso la depenalizzazione dell’aborto.

Dopo l’approvazione dei matrimoni gay e delle adozioni da parte di coppie omosessuali, la Spagna socialista, rientra appieno sui temi etici scontrandosi, inevitabilmente, con i vescovi spagnoli. Mentre alti paesi dell’unione Europea (vedi Francia ed Italia in particolare) sono impegnati a garantire la pace ( il caso della Cina, la questione Russa, l’intesa con Muammar Gheddafi) la Spagna torna nuovamente ad occuparsi di temi eticamente sensibili. Dalle antenne della Cope, la radio dei vescovi, Gonzalo Pons ha tuonato: «È ancora fumo negli occhi. Il governo parla di suicidio assistito per nascondere le vittime della disoccupazione che sta provocando la nullità professionale di Zapatero».

Davvero incredibile ma vero, e la penisola iberica, colpita da una profonda crisi pare cercar scampo proprio attraverso il volere del popolo (stando ai sondaggi l’oltre 70% della popolazione è favorevole al suicidio assistito ed eutanasia). Uno stato allo sbando, quindi, con un governo che non tutela di diritto i cittadini ma trova la sua forza nell’assuefarli. Un governo non ha solo il dovere di esaudire le richieste del popolo ma ha il diritto-dovere di scegliere ciò che è meglio per esso. Un modo per celare la crisi che il paese sta vivendo in questi periodi, andando nuovamente, a colpire la sensibilità collettiva. Chiaramente si è alzato un muro da parte dei cattolici spagnoli, i quali, si sono dichiarati disponibili a contestare nuovamente i provvedimenti del governo. Dal canto suo, Zapatero, ha risposto con sufficienza: “Non mi preoccupa l’idea di ritrovarmi un’altra volta i vescovi nelle piazze (accadde nel 2004 quando vennero approvare le nozze ed adozioni gay). L’unico mandato che ho, come ministro e come deputato socialista, è quello con i cittadini». Chiaramente, a parte il volere dei cittadini (stando alle dichiarazioni del governo) viene meno il dovere di tutela dei malati, la misericordia e l’assistenza. Niente di peggio poteva pensare il governo spagnolo in questo periodo allineandosi cosi alla Svizzera, Olanda e Belgio dove è possibile praticare il suicidio assistito.

Sull’eutanasia abbiamo già speso molte parole e al momento,il governo italiano, sta mediando soluzioni che rispettino la dignità umana (vedi il caso Englaro e la decisione della regione Lobardia che ne ha impedito, di fatto, l’eutanasia) mentre il nuovo caso preso in considerazione dagli spagnoli pare ancora più grave. Il suicidio assistito, del quale poco si è parlato in Italia, suona come qualcosa di peggiore, macabro, incurante della dignità, salvaguardia dell’uomo e della vita. Una pratica fatta da veri e propri “boia” chiamati dottori e con tanto di laurea che preparano ai loro pazienti farmaci letali. Per far questo la legge prevede che il paziente, considerato malato, sia cosciente assumendo volontariamente tali farmaci. Chissà cosa direbbe Ippocrate, autore del noto giuramento che tutti i medici sono chiamati a rispettare. Archiviato il noto filosofo greco non pare essere rimasto nessuna traccia di umanità. Probabilmente neanche i nazisti avevano pensato tanto. Con tale pratica si dà nuovamente adito ad una serie di procedimenti che non solo apriranno le porte per nuove sofferenze, ma si infonderanno nella psicologia della gente dando nuove e dolorose impressioni sul significato della vita.

In sintesi rischieremo che le nuove generazioni, nate a leggi già approvate (un po’ il caso dell’aborto e divorzio in Italia) facciano poco caso a ciò che possono produrre tali decisioni o scelte, vista la possibilità lasciata dal governo. Se simili procedure raggiungono nell’opinione collettiva quel grado di incuranza ed assuefazione tali da praticare eutanasia e suicidio con semplicità il gioco è fatto (e nel nostro paese, ad esempio, è in crescita il numero di divorzi a partire dal referendum che lo trasformò in legge). Inoltre, cosa ancor più grave, tali atteggiamenti mettono in circolazioni più boia che dottori ,minando la difesa e tutela della vita. Nuovamente ci troviamo di fronte ad un caso che evita il più possibile i principi di cura e tutela del malato vendendo come miglior cura e soluzione la sua eliminazione. Epilogo forse migliore per gli interessi dello stato nell’ambito sanitario ma non certo in relazione alla tutela della dignità dell’uomo.

Antonio Degl’Innocenti