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Num. 22 del 18 luglio 2008

Magistratura e medicina debbono interrogarsi a livello etico sul caso Englara

DIFESA DELLA VITA SENZA SUBORDINATE ARBITRARIE

Pare proprio che il caso di Eluana Englara stia per riaprire, o meglio, stia per dare il via ad una pratica che ancora oggi nel nostro paese non ha preso campo: l’eutanasia. Dietro tutto troviamo nuovamente una sentenza, politica ed anticlericale, emanata dal tribunale di Milano, il quale ha deciso, che Eluana Englaro può morire.

I giudici della prima sezione civile della Corte di Appello di Milano hanno emesso un decreto che autorizza a interrompere il trattamento di idratazione e alimentazione forzata che da ben sedici anni tiene in vita la ragazza.

Una decisione che nuovamente pone la magistratura, uno tra i maggiori organismi Italiani, in una sfera assai contestabile. Luana non è malata e la sua paralisi è dovuta ad un incidente che quindici anni fa la bloccò, confinandola in un letto. Una situazione sicuramente tragica, piena di dolore e sofferenza sia per lei che per tutta la famiglia Englaro.

Sta di fatto, però, che Eluana non subisce nessun tipo di accanimento terapeutico, ma soltanto una forma di alimentazione tramite sondino. Eluana non parla e non si muove, ma fortunatamente, non c’è bisogno di alcuna macchina per tenerla in vita.

Un caso eclatante, quindi, sul quale la magistratura dovrebbe riflettere assieme al padre, che, da anni, combatte per porre fine alla vita della figlia.

In un paese normale questo non si chiamerebbe eutanasia, ma omicidio colposo di primo grado, visto e considerato che far morire una persona di sete e di fame non la si può certo definire buona morte.

Di questo, infatti, si tratta perché le intenzioni del padre sono proprio quelle di staccare il sondino ad Eluana e lasciarla morire “in una sofferenza di cui non conosciamo le reazioni avvertibili e non misurabili scientificamente”. Giornali e media in genere hanno enfatizzato l’argomento ponendo questa situazione come una tragica scelta del destino nella quale quest’uomo non ha altro modo per liberare lui e la figlia dal dolore di questa paralisi. Raccapricciante, invece, dovrebbe essere agli orecchi di ogni uomo una decisione del genere, che vede il diritto alla vita e la dignità della persona cancellate da una turbata mentalità moderna e relativista, dove tutto pare buono al fine di cancellare ogni problema.

In questa maniera però si cancella solo il difetto momentaneo e non il problema, aprendo le porte ad una pratica tanto atroce quanto assurda che porterà, in un futuro non lontano, risvolti assai più drammatici.

Con piacere voglio ricordare l’intervento dell’On. Carlo Giovanardi, che nella sua precedente legislatura, allora Ministro del governo Berlusconi, attaccò senza timori e rimorsi la scelta olandese di approvare l’eutanasia infantile. “Un pratica nazista “, disse l’allora Ministro per i rapporti con il parlamento, che si accaniva contro bambini da aiutare e sostenere e non certamente da eliminare.

Desta stupore, inoltre, l’incuranza di alcuni medici che, tutt’oggi, sostengono tali pratiche e tali scelte. La storia si capovolge tornando indietro nel passato, negli anni più bui che anche nella più remota antichità desterebbero orrore.

Infatti, già nel 400 a.C., i filosofi greci avevano capito che il dovere di ogni uomo era la salvaguardia della vita. Proprio Ippocrate, nella stesura del suo giuramento, scriveva:“Sceglierò il regime per il bene dei malati secondo le mie forze e il mio giudizio, e mi asterrò dal recar danno e offesa. Non somministrerò a nessuno, neppure se richiesto, alcun farmaco mortale, e non prenderò mai un' iniziativa del genere; e neppure fornirò mai a una donna un mezzo per procurare l'aborto….In tutte le case che visiterò entrerò per il bene dei malati, astenendomi ad ogni offesa e da ogni danno volontario, e soprattutto da atti sessuali sul corpo delle donne e degli uomini, sia liberi che schiavi”.

Queste le parole del giuramento di Ippocrate, al quale tutti i medici sono chiamati a sottostare per conseguire al meglio la propria professione. Nonostante ogni medico, ancora oggi ,debba presentare tale giuramento per iniziare la propria carriera, qualcosa sembra esser cambiato, dato che alcuni di loro, non solo non adempiono ai doveri del giuramento ma ne minano le basi e fondamenta contrariandolo in ogni suo aspetto.

Antonio Degl`Innocenti