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Num. 3 del 18 maggio 2007

Editoriale: IL FUTURO DEL BIPOLARISMO VIRTUOSO HA UN SOLO VOLTO, QUELLO DEL PPE

L`ultimo sondaggio IPSOS sul sistema elettorale italiano, commissionato da IL SOLE 24 ORE e pubblicato sullo stesso giornale il 17 Maggio 2007, ha dato risultati netti ed inequivocabili: 78 italiani su 100 si pronunciano a favore del bipolarismo. Addirittura, 52 tra questi si spingono ancor più avanti, chiedendo a gran voce un bi-partitismo che coincida con la formazione di due soli partiti.
Sono 22 gli italiani che sembrano resistere a tale tentazione; di questi i proporzionalisti non arrivano a 15 su 100.
Non abbiamo mai avuto il culto dei sondaggi, che, nel villaggio globale della comunicazione politica, rischiano di avere lo stesso valore che i critici attribuivano alle previsioni di Marx, ovvero "profezie auto-realizzantesi"; tuttavia è bene non prendere questa tendenza con sprezzante superficialità, valutandone lucidamente tutte le implicazioni.
Non ci spaventa certo la propensione degli italiani a concepire la politica come scelta tra due posizioni alternative. Stimolante è anche la stessa prospettiva di aumentare il tasso di competitività della politica e potenziare la responsabilità immediata degli elettori, che, con il loro voto, possono scegliere subito a chi affidare il governo del Paese.
Ma ai lettori dobbiamo alcune parole nitide e chiare al fine di evidenziare, almeno per quanto ci compete, i confini "virtuosi" di quello che potrebbe diventare il nuovo bipolarismo italiano.
Con Montale preferiamo partire da quello che non siamo e da ciò che non vogliamo.
Non ci interessa un bipolarismo che nasca confondendosi, quasi identificandosi con un cartello elettorale. Aggregare forzosamente più identità disomogenee con mera funzione elettoralistica rischia di essere un rimedio peggiore del male.
La stessa via dell`identificazione tra bipolarismo e bi-partitismo rischia di essere una semplice emissione di voce, come dicevano i detrattori della dialettica medievale, se la costruzione di un nuovo soggetto politico ( e parliamo di quello alternativo alla sinistra europea) non passa dalla difficile strada in salita della sintesi antropologica e culturale prima, dalla forte identità politica poi, arrivando infine alla definizione di un comune progetto strategico.
La costruzione di un nuovo soggetto politico assomiglia poco ad un omnibus su cui ciascuno può salire a piacimento per un breve tratto di strada per essere invece paragonabile, in modo più pertinente, ad una scalata in cui tutti gli alpinisti decidono insieme di scalare la vetta prescelta.
Ecco perché parlare di partito unico del centro-destra, senza le pre-condizioni sopra ricordate, ci appassiona poco.
A noi interessa un laboratorio di alto profilo e qualità politica che, a prescindere dai nominalismi, costruisca dal basso il progetto di un partito, alternativo alle sinistre ed al centro-sinistra, ispirato ai valori del PPE.
Siamo consapevoli che serrare le fila verso il PPE italiano possa comportare uscite ed entrate. E` chiaro infatti che alcune posizione estreme dell`attuale CDL procederanno ad una fisiologica auto-esclusione. Allo stesso tempo è prevedibile che la "macedonia" del Partito Democratico spingerà molti centristi a rafforzare la casa dei moderati.
Per questo motivo, siamo sempre più convinti che il futuro del bipolarismo virtuoso ha un solo volto, quello del PPE".

Franco Banchi

Il punto: UNA RIFLESSIONE SULL`EUTANASIA

"La vicenda di Welby si rifà ad altre vicende passate che hanno aperto la strada a leggi che la coscienza umana e cristiana non possono accettare. La strumentalizzazione gridata su tutti i quotidiani e su tutte le televisioni per intere settimane, certamente non rispettosa per chi è coinvolto in una situazione di grande sofferenza, è organizzata da chi cerca di far leva sull`emotività dell`opinione pubblica per spianare la strada alla legalizzazione dell`eutanasia in Italia. Quelli che hanno la regia e la responsabilità di questi comportamenti dovrebbero vergognarsi. Nessuno contesta la libertà di opinione, ma non è accettabile il metodo. Non si può pensare di fare leggi generali sull`onda emotiva suscitata da casi singoli ed al limite. Quando oggi discutiamo di eutanasia parliamo di un "diritto" del paziente, ci riferiamo cioè alla "eutanasia volontaria". In altri termini privilegiamo la sfera della volontà umana." Dalle parole del Presidente del Movimento per la Vita Fiorentino, Angelo Passaleva, è importante,quindi, anche vedere il processo storico che ha portato ad una interpretazione errata del termine eutanasia, che oggi, viene riconosciuta da molti come atto di amore: ma da dove nasce questa pratica? Durante la Prima Guerra Mondiale si era assistito ad una impressionante impennata dei decessi dei malati cronici negli istituti di cura tedeschi: 45.000 in Prussia e più di 7.000 in Sassonia. Con molta probabilità la scarsità di cibo causata dal conflitto aveva spinto molti medici ad affrettare la morte di una parte di queste cosiddette "bocche inutili". Per certi versi si era creato in tal modo un terreno favorevole ad una sorta di "indifferenza ed incuranza" alla morte di individui definiti inguaribili. In questo clima trovò terreno fertile la teorizzazione di una "eutanasia di Stato". Lo psichiatra Hoche ed il giurista Binding di fatto svilupparono un concetto di "eutanasia sociale". Il malato incurabile, secondo i due, era da considerarsi non soltanto portatore di sofferenze personali ma anche di sofferenze sociali ed economiche. Hitler avviò un programma che prevedeva l`eliminazione di malati giudicati inguaribili da apposite commissioni mediche. L`operazione fu estesa a persone ricoverate in ospizi e manicomi criminali a discrezione di commissioni di psichiatri, senza l`approvazione o un qualche coinvolgimento dei famigliari nelle decisioni. La morte avveniva per inalazione di monossido di carbonio in uscita da autoveicoli. Le persone coinvolte in queste operazioni (medici e psichiatri), la morte per inalazione di gas, le teorie eugenetiche a fondamento dell`ideologia sono elementi presenti anche nella successiva deportazione nei lager. Il programma di eutanasia condotto verso i bambini disabili venne attuato utilizzando iniezioni letali di scopolamina, morfina e barbiturici. Le enormi quantità di questi medicinali venivano fornite con tutta la discrezione necessaria dalla Ufficio Centrale di Sicurezza del Reich (RSHA) vale a dire dalle SS. In particolare era la Sezione della polizia criminale (Kripo) comandata da Arthur Nebe ad acquisire e spedire il veleno alle cliniche. L`eutanasia degli adulti pose un problema per certi versi nuovo: come uccidere grandi masse di uomini in modo sbrigativo e privo di controindicazioni? La soluzione cadde sull`utilizzo del gas. Nel gennaio 1940 il metodo venne sperimentato per la prima volta nella clinica di Brandenburg. Il direttore della clinica, il dottor Irmfried Eberl gasò per i suoi ospiti 8 malati mentali con pieno successo. Da allora in poi l`uso delle camere a gas camuffate da docce si diffuse.
Quando nell`agosto del 1941 l`operazione di eutanasia verso gli adulti venne sospesa il personale e i mezzi tecnici vennero impiegati immediatamente per l`inizio della "soluzione finale".
Viktor Brack, il braccio destro di Bouhler, ricorderà così gli eventi al processo:
"Nel 1941 ricevetti l`ordine di sospendere il programma eutanasia. Per non lasciar disperdere il personale che in tal modo veniva messo in libertà e per essere eventualmente in grado di riprendere il programma eutanasia dopo la guerra, Bouhler mi invitò - credo dopo averne parlato con Himmler - a mandare questo personale a Lublino e a metterlo a disposizione del generale delle SS Globocnik. Solo molto tempo dopo, verso la fine del 1942, mi resi conto che veniva impiegato nello sterminio in massa degli ebrei, oramai di pubblico dominio nelle sfere più alte del partito".
Così, senza alcuna soluzione di continuità si passò dall`eutanasia allo sterminio di milioni di persone nei campi. Il personale della operazione T4 venne inviato in Polonia dove creò i più terribili campi di sterminio: Treblinka, Sobibor e Belzec. Frattanto l`eutanasia continuò sino alla fine della guerra nei campi, nelle cliniche dove continuò l`eliminazione dei bambini disabili e attraverso la cosiddetta "eutanasia selvaggia", vale a dire l`eliminazione dei malati senza alcuna autorizzazione. è chiaro che qui dobbiamo riaffermare il diritto fondamentale alla vita di ogni persona umana. La persona umana non può mai essere direttamente e volontariamente distrutta. L`eutanasia come l`aborto non eliminano i difetti, ma eliminano piuttosto la persona che ha questi difetti. Tali pratiche minano la compassione e fanno venire meno la motivazione a cercare modi efficaci per migliorare il trattamento, le cure e l`accudimento dei malati e dei neonati con questi problemi. Nonostante tutto la storia ci rivela che il nostro paese è stato proprio il primo a gettare le basi sul rispetto della vita umana. Nel 1764 la pubblicazione del "Dei delitti e delle pene" di Cesare Beccaria stimolò la riflessione sul sistema penale vigente. Nel trattato Beccaria si esprimeva contro la pena di morte argomentando che con questa pena lo Stato, per punire un delitto, ne commetterebbe uno a sua volta gravissimo. In seguito, il primo Stato ad abolire la pena di morte, fu il Granducato di Toscana, nel 1786, sotto il regno di Pietro Leopoldo Asburgo Lorena, Granduca di Toscana. Si trattò del primo Paese civile al mondo ad aver abolito la tortura e la pena capitale. 1889 anche nel Regno d`Italia la pena di morte venne abolita con l`approvazione quasi all`unanimità da parte di entrambe le Camere, del nuovo codice penale, durante il ministero di Zanardelli.

Antonio Degl`Innocenti