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IL GIGLIO BIANCO

Giornale Settimanale del PTE

Anno I, n.13 – II Settimana di Dicembre 2012

NON TOGLIETECI IL SOGNO DEL PPE

Per noi democratici cristiani antichi, anche se anagraficamente non vecchi, l'Europa è sempre stata complementare all'Italia. All'epoca di De Gasperi non ci saremmo salvati senza un'idea “atlantica” di Europa, ma neppure il vecchio continente avrebbe resistito alle pressioni ideologiche di Mosca senza le tante “terre di mezzo”, come la nostra, a presidio della democrazia e delle libertà.

Piaccia o non piaccia i destini del nostro Paese (non uno qualunque, non ce ne vogliano Grecia e Spagna) sono indissolubilmente legati a quelli dell'Europa.

Ciò vale anche in relazione a quel bi-polarismo virtuoso, che, nei decenni, ha stabilizzato, entro i confini di una normale dialettica politico -programmatica (non più solo ideologica), due precisi schieramenti principali: il PPE (Partito Popolare Europeo) e il Partisto Socialista.

Della famiglia PPE la DC non solo è stata co-fondatrice, ma, a lungo, la parte politicamente più incisiva. Dopo la diaspora, coincisa con la mai nata II Repubblica, la frammentazione dei partiti post e neo-democristiani ha portato ad un fisiologico depotenziamento dell'autorevolezza complessiva di quest'area politica all'interno del PPE. Per non parlare dell'autentico paradosso che ha portato spezzoni della tradizione democristiana italiana, scivolati verso il centro-sinistra, in gruppi del Parlamento europeo estranei rispetto alla famiglia del popolarismo europeo.

Ora, purtroppo, dopo che il PDL si era a fatica configurato, almeno nelle premesse e nei progetti, come la “costola italiana” del PPE e, di conseguenza, perno di un futuro ed ampio rassemblement alternativo al centro-sinistra, la proiezione europea dell'Italia sembra segnare una forte battuta d'arresto.

Il possibile “spacchettamento” del PDL riporterebbe indietro le lancette dell'orologio della politica italiana, che aveva trovato la via maestra attraverso la polarizzazione della gran parte delle forze moderate, a prevalente ispirazione cristiana, nel progetto europeizzante del PPE.

Molte le colpe di questa “retrocessione”. Tra queste, la prima che ci viene in mente è quella di aver consentito al PDL, soprattutto ai suoi massimi dirigenti (mai passati da un vaglio congressuale), di vivere con una “doppia verità”: l'ispirazione della politica pubblica improntata ai valori del popolarismo cristiano d'impronta europea; la conduzione e la gestione del partito in perenne stato di commissariamento (a partire dalle candidature).

Per quanto ci riguarda, e parlo di chi, nella propria azione politica, s'ispira a principi popolari e liberali di matrice cristiana, è valsa sempre la regola del “vedere ma non toccare”. Siamo sempre stati tenuti nell'anticamera della stanza dei bottoni, non si sa per quale ancestrale diffidenza verso i democristiani e le democristianerie. Così facendo, i più non hanno capito che la strada per l'Europa, un tempo spianata, stava diventando sempre più un viottolo accidentato. In altre parole: senza le credenziali di chi, in Italia, ha co-fondato il PPE non si arriva o comunque non si rimane a lungo nella più grande famiglia politica del nostro continente, l'unica che può contrastare con successo l'opzione socialista.

Certo, dobbiamo dirlo con chiarezza, non ci piace neppure l'Europa germanocentrica della Cancelliera Merkel, che si è scordata, con clamorosa amnesia storica, quanto e come l'Occidente abbia aspettato e coccolato il suo Paese, dopo le velenose tossine della guerra ed il gelido vento della “guerra fredda”. Allo stesso modo, la stessa leadership francese dovrebbe avere una migliore memoria storico-politica, ricordando che, nel corso dei secoli, le più grandi disgrazie continentali sono nate sull'asse Parigi – Berlino. L'europa, se vorrà davvero essere un'entità politica, dovrà seppellire egemonie, diarchie o altre scorciatoie per aprirsi ad un quadro più sinfonico. E' per questo che l'Italia ha bisogno di un'autorevole interlocuzione con il gotha politico continentale, garantendo moderazione ed equilibrio, ma esigendo in assoluto pariteticità e rispetto.

E' per questo che lo “stile Monti” non rappresenta il miglior punto di equilibrio per l'Italia, assomigliando l'ex-commissario UE più ad un Ambasciatore di Bruxelles a Roma che ad un Presidente del Consiglio di un Paese davvero sovrano.

Non siamo disposti a sacrificare il sogno italiano chiamato PPE per le meschinerie, grandi e piccole, che paralizzano la maggior parte degli attori sulla scena nazionale e continentale.

Il prossimo appuntamento elettorale sarà per noi un autentico banco di prova per misurare l'affidabilità di chi si candida a coltivare e portare avanti il sogno italiano del PPE.

Di esclusione in esclusione, visto che la politica, nei momenti cruciali, è scelta di coerenza, potremmo anche arrivare alla necessità di un'opzione che marchi l'istanza dell'identità e della testimonianza.

Per noi che non abbiamo mai aderito a Forza Italia, nè proveniamo da AN; per noi, usciti con determinazione dall'UDC per l'ambiguità della linea politica; per noi, che non siamo montiani nè della prima nè dell'ultima ora, la strada non è già segnata. La scelta sarà difficile, ma ci aiuteranno due requisiti preziosi e non barattabili per nessun motivo al mondo: l'intelligenza e la libertà.

FRANCO BANCHI